Editoriale - 1° Gennaio 2023
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Nessuno può salvarsi da solo
Messaggio per la pace 2023

Devo dire che il Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace del primo gennaio di quest’anno disorienta. Siamo in un anno di guerra – una guerra che tocca più da vicino l'Europa –, mai come ora abbiamo bisogno di indicazioni, di parole chiare. Il Papa certo non le fa mancare quasi ogni giorno: in ogni occasione ribadisce l’insensatezza di questa guerra in Ucraina, ha accompagnato le parole alle lacrime davanti all' Immacolata a Roma, quasi fosse una resa davanti alle molte invocazioni già effettuate o fosse una estrema forma di preghiera, quella che Dio dovrebbe accogliere. Come se ci si trovasse sul baratro. L'inizio degli anni venti del XXI secolo somma in sé l'esito di una serie di fallimenti, a partire dalle speranze animate dal crollo del muro di Berlino, allorché si è pensato che vincente fosse il modo di vita capitalistico occidentale, che il male fosse solo dall'altra parte, nel mondo totalitario e nei mondi ancora non sviluppati, non democratici. Due guerre in Iraq, l'11 settembre, guerra in Afghanistan, crisi finanziaria del 2007, Cecenia, Libia, guerra in Siria, lotta all'Isis, Yemen, Crimea, Donbass, Ucraina, cui si aggiungono le crisi climatiche e le migrazioni forzate di milioni di persone, solo per dire alcuni scenari, suggeriscono se non dimostrano che c'è qualcosa di radicalmente sbagliato nel sistema mondiale se gli effetti sono quelli che conosciamo. La guerra in Ucraina (con le altre guerre presenti e dimenticate), questa effettiva "terza guerra mondiale a pezzi", è dunque solo quella in evidenza, drammatico frutto di un'invasione.
Davanti a ciò, il Papa, dicevo, disorienta, sembra parlare d'altro: ci ricorda la crisi della pandemia covid-19. Da una lato, le cause sono certamente da rintracciare in una prepotenza verso la natura accompagnata da errori, casualità, omissioni, eccetera. Dall'altro lato, gli effetti sono stati quelli della crisi economica e sociale, ma anche il cumulo di vite umane perdute, in alcuni paesi più che nella Seconda guerra mondiale. Durante la pandemia si parlava, non a caso, di "guerra contro il covid", di "fronte ospedaliero". Il papa ci indica un effetto indotto: "Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità". Tutto si fa più fragile e incerto. Fino al paradosso: si ricorda come nello stesso periodo pandemico, quando le risorse dovevano essere rivolte a contrastare quel male (in molti paesi i vaccini non sono arrivati in modo sufficiente), la spesa per le armi ha superato per la prima volta i 2000 milioni di dollari! Chi lo ha deciso?
Eppure la pandemia ci ha mostrato qualcosa di rilevante: nonostante tutta l'insensatezza cui s'è accennato (compreso il negazionismo e alcune isterie religiose) "la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo".
In breve, abbiamo avuto visto che volendo si può. Quando ci siamo sentiti direttamente minacciati dal male come singoli e comunità abbiamo saputo modificare orientamenti ritenuti assoluti: pensiamo al reperimento delle risorse finanziarie a livello europeo per la ricerca e il contrasto al covid, quando poco prima il rispetto dei vincoli di bilancio condannava paesi (es. Grecia) a condizioni di degrado e povertà, a trattamenti finanziari applicati solo nei confronti dei paesi del terzo mondo condannati ad un ulteriore sottosviluppo. Volendo si può se ci si trova animati da uno spirito solidale. "Abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all'umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell'emergenza". E ancora: "Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola "insieme". Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari. Solo la pace che nasce dall'amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali".
Dovremo raccogliere dunque quei segnali positivi che abbiamo sperimentato e che in parte ci hanno cambiato. Senza illudersi. Sovente gli effetti positivi sono stati appannaggio della quota già benestante, con risorse disponibili, con effettive possibilità di scegliere, testimoniando quanto diceva il premio Nobel per l'economia Amartya Sen. "lo sviluppo è libertà", non solo per dotazioni materiali, quanto per la possibilità di cambiare, di guarire le nostre dipendenze, accrescere le potenzialità e le scelte di vita.
Abbiamo comunque intravisto che "un altro mondo è possibile" (emblematici i cieli puliti dallo smog dopo giorni di lockdown, gli animali che si riprendono spazi, le persone che scelgono nuovi tempi e spazi di lavoro): c'è un umano che tende a riemergere, sempre.
"Al tempo stesso, nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull'umanità. Abbiamo assistito all'insorgere di un altro flagello: un'ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. […] Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l'organismo umano, perché esso non proviene dall'esterno, ma dall'interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23)".
Il riferimento alla pandemia getta una luce su tutto. "Per vivere in modo migliore dopo l'emergenza del Covid-19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell'altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione".
Come abbiamo sperimentato insieme il dramma e il sollievo, la capacità di reagire e di farlo efficacemente (bene e in fretta) unendo le forze di intelligenza, economiche, organizzative possiamo confidare, volendolo insieme, di poter vincere anche il virus della guerra. La guerra non è un destino ineluttabile; vani non sono gli appelli alla pacificazione. Serve non un fideismo sterile, ma una fede operosa.

Fabrizio Filiberti


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